Identità Personale, Identità Professionale

due faccie che si riflettono dietro due finestre una in bianco e nero la seconda con i colori invertiti

Qualche settimana fa ho assistito a una lezione sull’etica per i nuovi iscritti a una associazione di volontariato.

Il docente per diverse volte si è fermato a sottolineare l’importanza, durante il servizio, di dimenticare o resettare la nostra identità personale,in modo da fare nostra la visione dell’associazione, e agire in accordo con i principi che ne stanno alla base.

Ho riflettuto molto su questo discorso, calandolo (con le dovute distinzioni) nella mia vita personale e nella professione di Assistente Sociale, e sono giunta a queste conclusioni:

Non posso resettare la mia identità personale, non ci riuscirei neanche se volessi, e far finta che sia possibile farlo crea in me delle rigidità, limitando la mia spontaneità, e quindi bloccando la creazione di quella famosa empatia che ci premette di comprendere meglio l’altro.

Anche in questo caso io giocherei la carta della consapevolezza.

Se sono consapevole di chi sono, delle mie credenze e convinzioni, pregiudizi e paure (e si…anche noi assistenti sociali ne abbiamo!), posso andare oltre tutto questo e incontrare l’altro,la sua storia e le sue scelte, creando un meraviglioso spazio di comprensione.

La disponibilità a comprendere porta trasformazione ed è anche questo che ci fa essere professioniste/i

Sono una/un Professionista non quando nascondo, dimentico o resetto una parte di me, ma quando sono capace di andare oltre o utilizzarla a favore del mio lavoro e dell’altro.

Con Amore

Maria

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